Ai fortunati che hanno la possibilità di poter accedere ai corridoi e alle sale convegni della Camera dei Deputati, non possono essere sfuggite le splendide opere del pittore Gino Severini. Purtroppo non hanno la visibilità che meriterebbero. Il semplice fatto però che a Montecitorio trovino alloggio tele simili, che di solito, come la maggior parte delle collezioni futuriste, sono esposte nei più celebri musei e nelle gallerie di tutto il mondo, rappresenta un fattore di vanto per la Camera dei Deputati.
Gino Severini, nato a Cortona il 7 aprile del 1883 e morto a Parigi il 26 febbraio del 1966, è stato uno dei maggiori pittori del Futurismo e un autorevole critico d’arte. Quest’anno ricorre il cinquantacinquesimo anniversario dalla sua scomparsa.
A Roma, giovanissimo, l’incontro con il pittore Umberto Boccioni. I due entrano in contatto con un altro grande pittore, Giacomo Balla, che aveva maturato un passaggio artistico di divisionismo. Sia Severini che Boccioni apprendono da lui la tecnica del divisionismo. Entrambi poi, poco stimolati dall’ambiente artistico romano, si trasferiscono a Parigi ad approfondire la tecnica. Severini nel 1906. Del resto anche gli artisti Luigi Russillo e Carlo Carrà si recano nella capitale francese.
La svolta per Severini avviene con l’incontro con il fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti che lo supporta in tutto, anche finanziariamente – come fa del resto con tutti gli altri artisti – entusiasta del suo inconfutabile talento. Gli illustra il suo pensiero futurista.
Nel 1909, Filippo Tommaso Marinetti firma il Manifesto del Futurismo che esce sulle colonne del quotidiano francese Le Figaro e che sancisce l’inizio del movimento futurista. Nel 1910 Severini è tra i firmatari del Manifesto della pittura futurista di F.T. Marinetti.
A Parigi Severini frequenta artisti del calibro di Pablo Picasso, Georges Braque, Juan Gris e Guillaume Apollinaire. Contribuisce allo sviluppo del cubismo. Nel 1921 pubblica il trattato Dal cubismo al Classicismo. I pittori futuristi si staccano in seguito dal cubismo per mancanza di dinamismo e per il troppo immobilismo di questa corrente.
Nel secondo dopoguerra, Severini torna ai soggetti d’ispirazione futurista. È in questo periodo che aderisce al progetto sul tema del lavoro. La collezione è nella Pinacoteca civica di Forlì. Seguendo il pensiero di Marinetti, è attratto dal progresso della scienza, dal mito della macchina, dalla velocità, dalla conquista della tecnologia e dalla vita moderna.
Alla Camera dei Deputati, vicino all’immensa Aula conferenze, (Nuova aula dei gruppi parlamentari), dove si può accedere anche da Via di Campo Marzio, l’impatto con una delle sue opere: Macchina tessile del 1947/8. Una tela gigantesca dai colori prepotenti e la forza tipica della pittura futurista. Un capolavoro che potrebbe essere valorizzato maggiormente.
Di certo le misure enormi della tela, 210 X 310 ne limitano i luoghi di esposizione, ma una simile opera d’arte dovrebbe ricevere la visibilità che si merita.
I più informati precisano che in passato era stata messa in mostra con l’esibizione, Montecitorio e la bella pittura 1900 – 1945, ma solo per breve tempo, da marzo ad aprile del 2004.
Poi si scopre che la Camera possiede anche un’altra opera di Severini, anteriore a Macchina tessile, dal titolo Piccione e bicchiere del 1936. Oltre ad un busto a lui dedicato in bronzo della scultrice tedesca Genni (Jenny Wiegmann Mucchi) del 1932.
Gli esperti del futurismo suggeriscono che i quadri di Severini, come altri di Sironi e uno di Carrà, siano approdati alla Camera dei Deputati in seguito all’intervento di Francesco Cosentino, segretario generale della Camera dal 1964 al 1976 e poi europarlamentare. Sostengono che avesse una profonda conoscenza dell’arte e che fosse un grande estimatore di quella futurista. Forse, per merito suo, ora la Camera può vantare, nel suo cospicuo patrimonio artistico, dei pezzi futuristi dal valore inestimabile. L’acquisizione di Macchina tessile risale però al 2000, molto tempo dopo quindi, sotto la presidenza di Luciano Violante. Piccione e bicchiere viene acquistato invece nel 1936, in occasione della VI mostra del Sindacato Belle Arti del Lazio.
Gino Severini è stato uno degli artisti più geniali del Futurismo. È stato bello poterne ammirare le tele, un vero peccato che non siano valorizzate come dovrebbero, soprattutto quest’anno che ricorre il 55esimo anniversario dalla sua morte.
Nella speranza di essere da stimolo per donargli una più approfondita rilevanza.