Ritratto “non autorizzato” di uno dei più grandi artisti viventi
Prima di scrivere anche una sola riga sul personaggio più chiacchierato dell’olimpo degli artisti attuali della street art, ovvero dei graffitari e non solo, bisogna obbligatoriamente specificare che si tratta di un articolo “non autorizzato”. Pena una denuncia da parte del Pest Control Authentication, la certificazione di controllo dei parassiti. E’ una specie di commissione di controllo per l’autenticazione e la certificazione delle opere di Banksy in giro per il mondo, ma anche preposta a vigilare che sia ben specificato che quanto scritto sul suo conto non sia autorizzato da lui. Il suo anonimato gli impone poi un sistema di verifica delle notizie nei suoi confronti capillare e meticoloso. E un ufficio legale dalle unghie ben affilate. Ogni suo lavoro venduto è corredato dal certificato di autenticazione del Pest Control. L’expertise. Per tutelarsi dai parassiti.
Premesso ciò e dichiarando che il ritratto del personaggio qui descritto è frutto di un’analisi e un’opinione personali basate sulla lettura di diversi articoli ed interviste, sulla visione delle opere e del film realizzato da Banksy stesso, non si può che notare che un tale controllo sia un po’ in contrasto con la sua natura irriverente e antisistema. Banksy si definisce un vandalo di qualità, un moderno Robin Hood. Una specie di evoluzione dei graffiti writer, dei graffitari in gergo, ovvero di quei pittori che sfidando le forze dell’ordine, decorano di nascosto le pareti di molti edifici immacolati, stazioni, vagoni dei treni, metropolitane e strade. Da qui la parola street art, l’arte della strada, meglio ancora l’arte urbana. Lui va oltre. Si vede come una specie di anello di congiunzione tra questi e l’arte più sofisticata. Quella esposta nelle gallerie e nei musei. Nonostante ciò, ama descriversi sempre come un vandalo. Un artista da guerriglia. In contrasto con le leggi che regolano e tutelano le bellezze ed il decoro delle città. “Contrariamente a quanto si va dicendo – dichiara – non è vero che i graffiti sono la più infima forma d’arte. Certo, può anche capitare di dover strisciare furtivamente in piena notte e dire bugie alla mamma, ma in verità è una delle forme d’arte più oneste che ci siano. Non c’è elitarismo nè ostentazione, si espone sui migliori muri che una città abbia da offrire e nessuno è dissuaso dal costo del biglietto”.
Se si pensa come sia iniziata la sua carriera, si stenta a credere come nel 2010 il settimanale Time lo abbia inserito nella lista dei 100 personaggi più influenti al mondo insieme a Steve Jobs e Barack Obama. E la rivista Esquire come il nuovo Andy Warhol già nel 2005.
Inizia la sua carriera sfidando l’establishment. La città è quella di Bristol in Inghilterra. Qui attualmente ci sono circa cento graffitari pronti a decorare o ad imbrattare, secondo i punti di vista, i quartieri in centro o in periferia. Guadagnano visibilità improvvisa perchè molti di loro vengono arrestati – a causa del ritrovamento di una rubrica di un graffitaro – e sbattuti nelle pagine dei quotidiani e nei tg britannici. Ovunque ci sia un muro spazioso, quello è perfetto per una rappresentazione. Un disegno o una scritta. Una sfida. Provocare è il fine più ambito dei graffiti writer. Suscitare sdegno, ilarità o rabbia. Un sentimento insomma, positivo o negativo che sia.
Il graffitismo è un movimento i cui ideali sono anticapitalisti ed anti establishment. Contro la guerra, pro diritti civili e femminismo. E’ una forma d’arte dinamica che dichiarandosi nemica giurata del sistema diventa uno strumento per attaccarlo. L’arte ribelle dei graffiti writer dà voce agli invisibili.
Banksy parla della sua infanzia a volto coperto in tv. Ha una felpa nera con il cappuccio alzato sul capo, il viso celato. Si vedono solo le mani che gesticolano. Da queste si può supporre che il personaggio potrebbe essere sui 40/45 anni. Ha mani forti senza vene in evidenza o macchie sulla pelle. Dai diversi bambini che rappresenta ai quali affida dei messaggi, si intuisce che dovrebbe essere genitore e che tragga ispirazione da loro. Esiste una Mrs. Banksy che lui definisce molto comprensiva, una “vedova del muro”. Racconta che nascondere il volto è essenziale per il suo lavoro. Ha paura delle denunce della polizia. A Bristol, come in altre città, i graffiti sono considerati atti vandalici e il comune ha presentato molteplici denunce contro i loro autori. Per poi far rimuovere le scritte o i disegni. Un orrore se si pensa al patrimonio artistico di Banksy andato in malora. Un dipinto fatto in una parete di casa di Kate Moss, un ritratto a lei dedicato alla maniera di Andy Warhol, come dono di nozze per il suo matrimonio, è stato stimato 250 mila sterline. Alle aste le sue opere hanno raggiunto cifre iperboliche fino a qualche milione di sterline. La porta di un pub con un suo dipinto ha quadruplicato il suo valore. Venduto per 400 mila sterline salvandolo dal fallimento. Una semplice stampa con la sua firma viene stimata sulle 50 mila sterline. In tutto il mondo Banksy sbanca.
A Bristol era amico da piccolo di un bambino di dieci anni che aveva soggiornato per un po’ a New York. Qui la street art è molto sviluppata, il fenomeno inizia in America negli anni ’70, ’80. Qualcuno ipotizza pure negli anni ’60. A New York ci sono addirittura bande di graffitari avversari che si sfidano per il controllo dei quartieri. Ai tempi di Rudolph Giuliani sindaco, la polizia americana offriva ai cittadini fino a 500 dollari per avere i nomi dei graffiti writer. Una vera e propria taglia come coi fuorilegge ai tempi del far west. E infatti per Banksy:”gli amministratori delle nostre città non capiscono i graffiti perchè per loro se una cosa non dà profitto non ha diritto di esistere, e questo toglie qualsiasi valore alla loro opinione”.
Al suo ritorno in Inghilterra, il ragazzino aveva importato la tecnica dei graffitari a Bristol. Disegnava ovunque – racconta Banksy. Così i graffiti writer hanno preso piede firmando i loro lavori con delle sigle, o nomi d’arte, scritti in maniera tondeggiante con le lettere a forma di palloncini. Da adolescente fa parte del gruppo DryBreadZ, nella sua città natale.
Negli anni ’90, prima di sbancare in tutto il mondo, Banksy esplode a Bristol. Poi è la volta di Londra. La capitale è piena delle sue opere. Lavora di notte, con il volto coperto da maschere. Da scimpanzé o da vecchio. Se ne inventa ogni volta una. Per meglio eludere i controlli della polizia, adotta la tecnica dello stencil, probabilmente appresa dal graffitaro francese Blek le Rat – qualcuno insinua. Lui invece dichiara che una notte, mentre è nascosto sotto ad un camion durante un blitz della polizia, vede un numero sulla facciata di un vagone impresso con lo stencil e intuisce che la tecnica potrebbe essergli utile per dimezzare i tempi di lavorazione. Blek sembra però che lo influenzi nei messaggi politici anti establishment. “Ogni volta che dipingo qualche cosa, scopro che Blek le rat l’aveva già fatto 20 anni fa” – afferma. Si dice sia vicino alla corrente dei Situazionisti, un gruppo che sosteneva che il capitalismo avanzato riducesse l’uomo in spettatore passivo della vita. Banksy si schiera fin da subito contro l’ipocrisia politica e le ingiustizie sociali. “Si dice che i graffiti spaventino la gente e siano emblematici della degenerazione della società – dichiara – mentre in realtà ci sono solo tre categorie di persone che li credono pericolosi: i politici, i pubblicitari e i writer”.
Con gli stencil riesce ad ultimare l’opera nel minor tempo possibile. A casa prepara diversi fogli acetati trasparenti. Li pone su un disegno da lui fatto precedentemente – i maligni insinuano che potrebbe farsi aiutare dal computer – lui candidamente ammette di copiare delle foto con un proiettore. Poi con un taglierino ritaglia i fogli a seconda del colore. Col lavoro preparato da studio, va a colpo sicuro in un luogo già localizzato precedentemente. E il disegno ideato prende vita e si amalgama perfettamente con l’ambiente circostante. Attacca i fogli alla parete, poi con la bomboletta spray o con il pennello completa l’opera e riporta via i pannelli. Un ritocco qui, una pennellata là e voilà il lavoro è ultimato.
“Una notte ho impiegato sei ore”- racconta -“al mattino sono rientrato. L’adrenalina pervadeva il mio corpo. Meglio del sesso o di qualsiasi droga”. E’ questa la sola droga per lui. Sfidare tutto e tutti senza essere riconosciuto, né arrestato – “la vera arte è non farsi beccare”.
Il suo apice lo ha raggiunto affrescando il muro che divide i territori tra Israele e la Palestina, in Cisgiordania. “I soldati palestinesi mi portavano da bere. Ma anche quelli israeliani mi guardavano con simpatia”. Celebri poi le sue prese in giro a Trump, (“i muri vanno di moda proprio ora, ma io me ne occupavo molto prima che Trump li rendesse famosi”) e al capitalismo americano. Alla polizia che, ancora oggi, dichiara di temere fortemente. Anche se il mistero oramai gli serve solo per accrescere la sua fama. “Ci sono persone che scelgono di entrare nella polizia perchè vogliono fare del mondo un luogo migliore. Ci sono persone che diventano vandali perchè vogliono fare del mondo un luogo dall’aspetto migliore”- spiega.
Riesce a posizionare una bambola di gomma vestita da prigioniero di Guantamano nel celebre parco giochi di Disneyland, simbolo del divertimento più assoluto. Ironico con la regina Elisabetta, ma sempre in maniera rispettosa. La dipinge con lo stesso trucco di scena adottato da David Bowie nei concerti. Un’icona moderna trasportata in un’altra leggendaria. Un’altra volta la immortala con il volto di scimmia. Fa stampare delle sterline britanniche sostituendo il volto della Regina con quello di Lady Diana. Poi le distribuisce a Notting Hill. Ora quelle banconote introvabili vengono vendute a prezzi esorbitanti. E’ notizia recente che la banconota falsa intitolata ‘Di Faced Tenner’, banconota da dieci sterline con il volto di Di, emessa dalla “Banksy of England”, ha fatto il suo ingresso al British Museum di Londra.
Fa sua la lattina Campbell di Andy Warhol e la cambia con quella delle zuppe dei supermercati Tesco. Prende spesso le idee o le opere di altri artisti e poi le modifica a sua volontà. Trae lo spunto e lo sa trasformare sapientemente. Non è poi attratto dalla famosa citazione attribuita a Pablo Picasso:”Good artists copy great artists steal”? (I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano). Lui la trasforma però in:”i pessimi artisti copiano, i grandi artisti rubano”. Per rubare si intende prendere l’idea da qualcuno reinterpretandola e producendone una nuova completamente. Facendola sua. Come il ritratto alla Warhol di Kate Moss o la lattina della Tesco. Mai il plagio però.
Deliziosa la bambina con il palloncino a forma di cuore che vola via. “Quando verrà il momento di andare, allontanati in silenzio senza far tante storie”- scrive nel suo libro. E’ anch’essa provocatoria quando durante un’asta da Christy’s le viene nascosto dietro alla sua immagine un marchingegno per farla distruggere. Quella ragazzina che abbraccia una bomba. L’altra con l’ombrello aperto che nota con stupore che la pioggia proviene proprio da sotto l’ombrello stesso. Provoca quando installa una seria di volti di Che Guevara su un ponte ferroviario posizionato al di sopra di una bancarella che, al sabato, vende tshirt, borse e gadget del famoso rivoluzionario. Vuole prendere in giro quelli che pensano di essere rivoluzionari indossando una semplice maglietta. “La gente pensa che se si vestono come un rivoluzionario, non si devono comportare davvero come tale”- dichiara. Gli auguri di Natale col bimbo che sembra ingoiare dei fiocchi di neve. Poi guardando attentamente si nota che in realtà sono dei fiocchi di cenere provenienti da un cassonnetto in fiamme dipinto nella parete vicino. Il suo modo di porgere i suoi auguri di Natale. Il manifestante con il volto coperto, il celebre lanciatore di fiori, ispirato forse da un oppositore della dittatura di Ceausescu, che invece di lanciare una bomba, getta all’avversario un mazzo di fiori. Lo dipinge a Betlemme. Il conflitto tra Israele e la Palestina lo scuote enormemente e usa la sua arte come invito alla pace. Molti topolini simpatici che scrivono alle pareti frasi ad effetto. I ratti per Banksy sono un simbolo. “Esistono senza il consenso di nessuno. Sono odiati, braccati e perseguitati. Vivono in silenziosa disperazione tra il sudiciume. E tuttavia sono in grado di mettere in ginocchio intere civiltà. Se sei sporco, insignificante e senza amore allora i ratti saranno il tuo modello”.
Affrescare le mura di un edificio per lui è importante perché così tutti sono nella condizione di fruire dell’opera d’arte senza dover andare a chiudersi dentro ad un museo – dichiara. Celebri anche i suoi blitz nei musei come quello del Tate Gallery di Londra o del Louvre a Parigi. Qui si traveste da vecchietto e porta con sé una grande busta. Quando nessuno lo nota, ecco qua che tira fuori il ritratto della Gioconda modificato con la faccina di uno smile al posto del suo volto enigmatico. Poi se ne va. Dopo poco se ne accorgono disperati quelli della sorveglianza, ma oramai è troppo tardi. Riguardano la ripresa dalle telecamere a circuito chiuso, tutto inutile. Il colpo ha avuto un successo mediatico internazionale. Banksy sbanca ancora una volta.
Una mostra in suo onore con opere provenienti da privati è stata organizzata al MUDEC-Museo delle Culture di Milano. Anche qui viene specificato dall’organizzazione che è una mostra non autorizzata dall’artista, “per difendere il proprio anonimato e la propria indipendenza dal sistema”- scrivono. Come non pensare invece che anche loro vogliano conformarsi alle severe regole dal Pest Control? Sul sito ufficiale di Banksy, www.banksy.co.uk, l’esposizione a Milano viene bollata come “fake”, falsa. C’è il timbro di scomunica ufficiale dell’artista.
La sua passione restano i muri, i blitz notturni e le corse rocambolesche per sfuggire alla cattura della polizia. E’ così dagli anni ’90, vent’anni dopo l’inizio del graffitismo americano. “Un muro è una grande arma. E’ una delle cose più pericolose con cui puoi colpire qualcuno” – dichiara. E ancora: “Il graffitismo è più capace di creare significato o di cambiare la realtà di qualsiasi altra cosa che si possa appendere al muro”. “I graffiti sono stati usati per dare vita a rivoluzioni, fermare le guerre, e in generale per dare voce alle persone a cui normalmente non si dà ascolto”.
In Italia il fenomeno del graffitismo ha i suoi albori agli inizi degli anni ’80 in Lombardia, nella provincia di Varese. Umberto Bossi ne scandisce la nascita con le sue scorribande sui muri delle città, delle autostrade e dei cavalcavia. Si arma di secchi di vernice e pennelli e di notte va a piazzare scritte ovunque. Con questo sistema fonda il partito della Lega Nord. In questo caso specifico, si potrebbe trattare più di street politics anziché di street art. La politica di strada. E’ un writer politico. Nel 1984 fonda la Lega Lombarda. Anni dopo, da ministro, si batté contro gli alleati del suo stesso governo per difendere i graffitari e manifestò la sua contrarietà per le norme punitive nei loro confronti. “I muri sono il libro dei popoli”- tuonò da Palazzo Chigi. Del resto, non aveva mai fatto mistero delle sue simpatie per i graffiti writer, criticando nel 2008 anche il sindaco di Milano, Letizia Moratti per le sue decisioni “bacchettone”. “Ovunque c’è un popolo, lì ci sono scritte sui muri”- sentenziò.
I graffiti nei quartieri cittadini di Banksy hanno l’effetto di innalzare il valore immobiliare della zona. Sia degli affitti che delle vendite. Succedono poi sfortunatamente dei casi come quello del 25 gennaio scorso a Parigi, dove degli ignoti hanno divelto e rubato una porta del Bataclan, il famoso teatro dove sono stati trucidati dei ragazzi da un agguato terroristico. Banksy per omaggiare le vittime aveva dipinto su quella porta una donna in lutto. L’opera è stata trafugata. Molti hanno gridato alla profanazione dal momento che il dipinto apparteneva a tutti i cittadini del mondo. Altri invece hanno visto il trafugamento come una svalutazione della pittura. La street art ha valore solo se inserita in un particolare contesto urbano. Al di fuori di esso non ha più senso.
Banksy come sempre rimane nascosto. Il suo essere misterioso gli garantisce una fama esponenziale. Con la scusa della polizia, mantiene una profonda riservatezza. Il suo staff non è autorizzato a svelarne l’identità. Pena una causa milionaria. Capisce che nell’epoca dei social, dove si sa tutto di tutti, è meglio ritirarsi nell’anonimato. Infatti critica Andy Warhol quando dice che ognuno al mondo in futuro sarà famoso per 15 minuti. Ironizza che si dovrebbe essere anonimi per 15 minuti almeno, vista la sovraesposizione che si ha con facebook, instagram etc. Oramai si conosce ogni dettaglio della vita di un individuo, cosa mangia, come si veste, i viaggi, gli amici e i pensieri. L’anonimato è la vera virtù di questi tempi. E questo stile di vita lontano dalla ribalta accresce la curiosità nei suoi confronti e nei murales che realizza.
Molti lo criticano per la sua astuta forza manipolatrice. Finge di essere anti establishment poi in realtà ne fa parte appieno. Forse agli inizi è stato antisistema ma poi il sistema stesso lo ha inglobato e fatto suo. E’ logico che per arrivare ad esporre i propri lavori nei migliori musei come il Tate Gallery ed il British Museum o essere accolto nelle storiche case d’asta come Sotheby’s bisogna essere parte del sistema. Lo stesso per poter avere l’autorizzazione a dipingere il muro tra la Palestina ed Israele.
Stessa considerazione per le sue posizioni anticapitaliste, uno con i suoi incassi milionari non è così credibile. E per la sua apparente visione comunista, anch’essa inverosimile in questi anni. Un moderno Robin Hood? Non sembra devolvere gli enormi compensi ai poveri. Ma tutto ciò non ci riguarda. Non ci importa delle valutazioni dei massimi critici d’arte o degli illustri giornalisti. Non ci interessano le etichette. Pablo Picasso sosteneva che un artista esprime sempre un pensiero politico e che non è un semplice decoratore di appartamenti.
Importante è il talento. Che sappia sorprendere sempre con le sue idee, la sua irriverenza in un mondo politicamente corretto, che ci incuriosisca con il suo massimo riserbo e ci trasmetta emozioni. Che riesca a proporre una forma d’arte dinamica e moderna. Non vediamo l’ora di ammirare la sua prossima trovata, cosa sarà in grado di escogitare per stupirci. Capire a quanto verranno stimate le sue opere in futuro, che rivoluzione si accingerà a compiere.
Per chi non vuole perdersi un sicuro investimento in futuro, la galleria Hang-Up Gallery di Londra è preposta alla vendita delle sue stampe, con firma o senza. Sono seri e professionali, pronti a dare preziosi consigli.
Articoli e libri su Banksy sbandierano il fatto che, fino a pochi anni fa, le sue stampe potevano essere acquistate per poche centinaia di sterline e che ora si arriva a 50 mila sterline se si vogliono quelle firmate. Dove arriveranno le quotazioni in futuro del più grande artista del momento? – si chiedono. Ma a noi non interessa nemmeno il marketing. Siamo attratti dalla bellezza. E dalla libertà delle idee. Tanto c’è la possibilità di contemplare i suoi murales in giro per Londra, a Bristol, New York, Los Angeles e Barcellona. Si organizzano tour per visitare i punti delle città affrescati da lui. Senza spendere una sterlina.
Rimaniamo aggrappati alla sua celebre frase:”I graffiti sono uno di quei pochi strumenti che ti restano anche quando non hai quasi niente. E se anche con le tue immagini non riesci a sconfiggere la povertà nel mondo, puoi sempre far sorridere qualcuno mentre si svuota la vescica”. Firmato: Banksy.